Recensione di Elisabetta Bolondi
Autore: Yehoshua Abraham
Titolo: La sposa liberata
Editore: Einaudi
Yehoshua analizza il rapporto difficile fra due mondi, due culture, la israeliana e l'araba, che cercano una difficile, forse impossibile convivenza. Il protagonista del libro è il professor Rivlin, docente di letteratura mediorientale all'Università di Haifa, sposato felicemente con Haghit, una pragmatica ed austera giudice distrettuale. Hanno due figli, uno dei quali, Ofer, dopo un solo anno di matrimonio ha divorziato dalla bella Galia per motivi misteriosi e mai chiariti. Sono ormai passati cinque anni e il professor Rivlin è ossessionato dal fatto che il figlio, che ora vive a Parigi, non si sia rifatto una vita al contrario di Galia che , apprende casualmente Rivlin che ha raggiunto la pensione di cui la famiglia della ex nuora è proprietaria, si è risposata ed attende un figlio. Accanto a questa storia se ne affiancano altre che vedono sempre Rivlin al centro della narrazione mentre il tema del matrimonio sembra essere quello che intriga di più l'autore: matrimoni riusciti, matrimoni falliti, matrimoni che si stanno celebrando, matrimoni virtuali, matrimoni fra persone di età diverse e di diverse etnie che lasciano il lettore alle prese con molti e diversi interrogativi che l'autore sembra non voler svelare. Molto interessante l'analisi del rapporto fra i personaggi arabi, soprattutto Rashed, sua cugina Samaher e il cameriere factotum Fuad e gli ebrei, lo stesso Rivlin e sua moglie, ma anche il vecchio pofessore italiano, Carlo Tedeschi e la sua giovane e inquieta moglie Hana, Tehila, la sorella di Galia in un caleidoscopio di viaggi dentro e fuori i territori occupati , a Gerusalemme, ad Haifa, mentre i personaggi tutti concorrono ad una narrazione a volte troppo lenta, ma ricca di fascino, dove l'uso delle metafore, dei simboli, delle allegorie ci consegnano ancora una volta l'immagine di uno scrittore davvero straordinario, capace di costruire immagini

Indice